Caro Fabrizio
Quando rimani vittima di un incidente come il mio cambiano molte
cose. Soprattutto nei giorni della sofferenza vedi le cose in maniera diversa e
quello che ti sembrava scontato diventa invece una conquista da
fare momento dopo momento, passo dopo passo.
Un incidente, una frattura, un intervento chirurgico ti fanno
male sotto tutti i punti di vista, ma per fortuna ti danno anche l’occasione di
incontrare gente straordinaria e strutture di grande eccellenza.
Ecco perché, adesso che il mio "calvario" sembra ormai alla
fine, ho deciso di scriverti queste poche righe. Per due motivi: perché mi fa
bene, fa bene al mio spirito e soprattutto perché è il mio modo di dire grazie a
tutti voi del "Centro Mantia".
Che le cose sarebbero andate bene l’ho capito dal primo istante
quando sono arrivato per il primo appuntamento e tu mi hai visitato. Ho
capito che, nonostante la situazione della mia "zampa" non fosse delle migliori
e io fossi pieno di incognite, stavo per iniziare un cammino che mi avrebbe
portato fuori dal tunnel.
Ricordo ancora il primo giorno. Sembrava il primo giorno di
scuola di un analfabeta. Ricordo come camminavo impaurito con le stampelle,
dolorante, preoccupato. Ricordo l’immediata gentilezza e umanità di Maurizio. Mi
ha accompaagnato nello spogliatoio, mi ha sistemato sulle sedia a rotelle, mi ha
calato in acqua con quell’argano che era l’emblema del mio stato di
disabilità.
Ricordo la professionalità in vasca di Fabrizio. Ha capito
subito che tra i mille problemi che avevo, oltre a quelli per così dire fisici,
c’erano anche quelli psicologici. Il fatto che una persona come me abituato ad
una vita frenetica e piena di impegni non potesse nemmeno strisciare il piede in
vasca mi faceva sentire veramente handicappato. Però, con l’aiuto di tutti, ho
subito capito che molto del mio percorso di guariggione dipendeva dalla mia
forza di volontà. Allora pensavo, ogni istante in più trascorso con questa gente
sarà un istante guadagnato nel mio cammino
di riabilitazione.
Ricordo il primo impatto con Massimo Truden, quello che, spero
lui non me ne voglia, è diventato poi un mio amico. Guardavo questa persona che
per un’ora intera stava a massaggiare, manipolare, sbloccare la mia "zampa" e ho
capito che mi trovavo davanti ad un grande professionista. Poi con il tempo ho
capito che avevo a che fare con una persona piena di umanità sempre pronto a
rassicurarmi se le cose non mi convincevano, a dare i consigli giusti financo su
come salire le scale di casa e su cosa mangiare prima di fare la terapia. A
Massimo non finirò mai di dedicare la mia infinita riconoscenza. Una cosa che,
anche per uno come me che lavora con le parole, è impossibile
esprimere sino in fondo con una frase o mille frasi.
Ricordo il primo impatto con Benny, anche lui sarebbe entrato
nel mio cuore come io spero di essere entrato nel suo, che pur essendo giovane
faceva ogni cosa con grande serietà e con puntiglio.
Iniziavo un percorso che sarebbe stato fatto di sacrifici,
dolore, fatica ma che alla fine mi avrebbe portato alla "normalità". Entravo
alle 8,30 e uscivo a mezzogiorno: le mie giornate, sino a quel momento così
abitudinarie e monotone per lo più passate a letto, erano adesso riempite da
quello che era diventato il mio lavoro. E proprio come normalmente andavo al
giornale carico di entusiasmo, adesso andavo al "Centro Mantia" con la stessa
voglia di fare. Le mie giornate erano riempite da quelli che diventavano degli
happening. Si faceva addirittura colazione insieme. Mi è capitato di portare i
dolci, i cornetti. Si era creata una comunità di persone che, più o meno, aveva
i miei stessi problemi e si era messa nelle mani di gente seria e
preparata.
Ricordo quando Fabrizio, in piscina, mi ha fatto poggiare il
piede per la prima volta sul fondo della vasca, ricordo quando, otto sedute dopo
la prima, Massimo mi ha fatto "camminare" per la prima volta. Ricordo il
"carico": una parola che per me sarebbe diventata un totem. Prima il trenta, poi
il cinquanta, poi il cento per cento.
Forse sarà banale, ma solo chi ci è passato può capire che
momenti come questi possano essere commoventi. Così come è stato commovente
gettare la prima stampella, gettare la seconda, iniziare a guidare, salire sul
tapis roulant, sino all’ultimo step di qualche giorno fa: correre a cinque mesi
esatti dall’incidente.
Ricordo quando con Massimo fissammo la data del mio ritorno al
giornale e soprattutto della prima trasferta al seguito del Palermo dopo
l'incidente. Genoa-Palermo del 24 novembre: una partita che
non dimenticherò mai tra le migliaia che ho visto per lavoro. Massimo che mi
chiamava forse più preoccupato di quanto lo fossi io, io che sembravo rinascere,
io che tornavo alla vita. Alla mia vita.
Forse, caro Fabrizio, ti farà piacere sapere che sin dai primi
giorni della mia terapia ho iniziato una campagna pubblicitaria per il "Centro
Mantia" che da Palermo è arrivata a Torino, Firenze, Genova ecc... Insomma, in
ogni città dove giocava il Palermo e incontravo colleghi che mi chiedevano del
mio stato di salute, parlavo di voi come dei miei angeli...
Vabbè, sto scadendo nel patetico e non è nel mio costume. Avrei
mille cose da aggiungere, ma mi hanno insegnato che la sintesi deve intervenire
prima di diventare troppo "pallosi". Così chiudo dicendoti ancora una volta, e
con te dicendelo a tutti quelli del "Centro Mantia" , grazie.
Grazie. Una, dieci, cento, mille volte grazie.
Massimo Norrito